All’interno di questo spazio che, sempre più spesso, diviene luogo di confronto ed interazione pubblica con colleghi che stimo e permette di offrire molteplici visioni dello stesso fenomeno (anche diverse da quelle del sottoscritto), ho deciso di andare oltre e sperimentare un nuovo formato: il “botta e risposta”. Si tratta di un dibattito a due “voci” su una questione specifica del Marketing Digitale, che affronto con un/una collega che reputo molto preparato/a sull’argomento specifico.
La prima occasione me l’ha data un provocante articolo di Business Insider, dall’inequivocabile titolo “Nobody is using Google+“, commentato in Italia, qualche giorno fa, anche dagli amici di Web In Fermento.
L’argomento della “diatriba” è chiaramente Google Plus e la sua ormai cronica difficoltà nel guadagnarsi una fetta importante di utenti attivi, conditio sine qua non per diventare appetibile una volta per tutte anche in chiave aziendale.
E se la mia intenzione era quella di confrontare il mio pensiero, in tutta sincerità, con quello di qualcuno davvero preparato sull’argomento, non potevo non coinvolgere nella discussione una delle italiche “paladine” del social layer di Google (tra l’altro con alle spalle diverse incursioni qui in qualità di guest blogger sull’argomento specifico): Michaela Matichecchia.
E, ve lo dico subito, “botta e risposta” è stato. Ed anche bello tosto. Buona lettura…
Paolo: Michaela, ti dico subito che l’articolo di Business Insider non mi stupisce più di tanto. Ti riepilogo i dati essenziali della ricerca:
There are about 2.2 billion G+ profiles.
Of these, about 9% have any publicly-posted content.
Of those, about 37% have as their most recent activity are comments on YouTube videos, another 8% are profile photo changes.
Only 6% of active profiles have any post activity in 2015 (18 days so far).
Only about half of those, 3% of active profiles, are notYouTube posts.
That is, 0.2% – 0.3% of all G+ profiles, about 4-6 million users, have made public post in 2015.
Ho come l’impressione che la piattaforma stia in qualche modo languendo, avendo grosse difficoltà nel raggiungere un pubblico di massa. E banalmente dove non c’è la massa non ci sono neppure le aziende, anche per questioni di mera sostenibilità.
Qual è la tua opinione attuale sull’evoluzione della piattaforma e sull’evoluzione del suo appeal nei confronti dell’utente medio?
Michaela: la ricerca non mi sorprende. Ma non leggo dati importanti. Perché considerare attivi solo gli utenti che postano in maniera pubblica? Se dovessimo ragionare così non dovremmo attribuire nessun valore a WhatsApp! Le conversazioni private sono di fondamentale importanza e non possiamo non prenderle in considerazione. Ricordo che su Google le conversazioni private influiscono sulle SERP degli utenti registrati (My Answers):
“Potresti anche visualizzare altri contenuti di Google Plus, ad esempio link che sono stati condivisi con te da persone delle tue cerchie. (…)”
In questo senso i numeri da tenere sotto controllo su Google Plus per ogni account potrebbero essere:
- il numero di following;
- il numero di visualizzazioni di un post (sulle immagini questo numero è pubblico);
- la famosa reach, la portata che su Google Plus non è affatto irrilevante.
Per esperienza la portata dei post di Google Plus (almeno nei settori che ho seguito: turismo, automotive, istruzione, news, tecnologia) non è da meno rispetto a quella di Facebook.
Alla domanda di Dario Ciracì “E’ utile pianificare l’utilizzo di Google+ per un brand o dobbiamo escluderlo a priori?”, risponderei che ogni brand dovrebbe decidere in base ad una profonda analisi. Analisi che deve prendere in considerazione obiettivi, kpi e strategie molto differenti da quelli di Facebook.
La tua impressione che piattaforma stia languendo non potrebbe essere diversa: se misuriamo le performance su metriche sbagliate avremo sempre dei titoli come “Nessuno usa Google Plus” (e questo non è il primo e non sarà l’ultimo).
Capisco la risposta di Dave Besbris “I don’t want to talk about numbers“, anche se svela in un attimo l’incapacità dei grandi tecnici di fare marketing communication e il disinteresse di Google nel farsi capire dai Social Media Manager.
Paolo: sono assolutamente d’accordo con te quanto dici che sia giusto “prendere con le pinze” i numeri che emergono da certe ricerche. Tuttavia credo che sia innegabile che la vera forza di Google Plus oggi stia nell’integrazione con la suite di Google. Come ho commentato nell’articolo di Dario però ritengo che, ad oggi, dobbiamo distinguere due posizioni rispetto all’utilizzo sostenibile di Google Plus per aziende.
Da un lato Google Plus è imprescindibile per un’attività locale, questo perché è stato totalmente integrato con Mappe e Reviews e quindi può avere un’influenza diretta molto importante nel processo di acquisto di un utente che cerca qualcosa di vicino a lui geograficamente, da smartphone. In questo senso il ritorno non può che essere positivo rispetto alle attività da fare che sono dispendiose ma sostenibili.
Diverso, e un po’ più soggettivo, il discorso che riguarda l’utilizzo costante della piattaforma e delle sue funzionalità più peculiari. Se prendiamo le community siamo dinnanzi ad uno strumento potentissimo, e su questo non ci sono dubbi. Ma quanto è dispendioso gestire una presenza aziendale, produttiva attraverso le community? Chiaro che se sono un freelance (marketer, designer, developer, ecc.) posso trarre enormi vantaggi. Ma se sono un’azienda il tutto si fa più complesso, e “caro”.
La domanda quindi è: “in quali casi il gioco vale la candela?”. In questo caso però vedo la piattaforma piuttosto come un’alternativa a Twitter. Poi non sott0valuterei alcune funzioni molto interessanti di G+, in relazione per esempio alla produzione di video e all’integrazione con YouTube. In questo senso la piattaforma è una bomba e consente di fare delle azioni di comunicazione molto interessanti.
Che cosa ne pensi della mia interpretazione? E quando pensi che “il gioco valga effettivamente la candela”?
Michaela: Google Plus non è un hub dei servizi Google. Non è importante solo perché l’amministrazione dei servizi è integrata e collocata su un’unica piattaforma. Pensiamo al passaggio da Google Places a Google Plus. Sono cambiati solo il punto di accesso e l’amministrazione del servizio? O è cambiata la nostra strategia rispetto alla Local Search?
Se continuiamo a gestire la pagina Google Plus Local come la vecchia scheda di Maps, amministrata da Google Places, abbiamo deciso di non investire nella Local Search, rischiando di perdere visibilità su Maps rispetto a quelle aziende che Google Plus lo usano, spingendo le persone a scrivere recensioni, collegando il proprio canale Youtube, aggiornando la pagina costantemente, ecc.
Il gioco ne vale la candela? Questa è una domanda a cui si può rispondere solo analizzando caso per caso. Nel caso della Local Search, dipende molto dalla collocazione geografica, dal volume di ricerca, dalla concorrenza, dagli obiettivi di comunicazione dell’azienda, dalla sua organizzazione, dal ROI atteso e da tantissimi altri fattori.
Quindi la domanda è piuttosto: la candela vale il gioco? E il gioco, anche per avere risultati su Google Maps, lo si conduce a livello dello “strato sociale”, su Google Plus.
Una qualsiasi strategia digitale oggi difficilmente può prescindere dalla presenza sui social network. Ma tu mi insegni che questa presenza deve essere funzionale agli obiettivi dell’azienda e non ai kpi del social network: uso Facebook non per ottenere mi piace, ma per aumentare le conversioni dei miei obiettivi. Se i nostri obiettivi possono essere raggiunti usando uno o più strumenti che Google mette a disposizione, sappiamo che possiamo trovare nello strato sociale (studiando, intercettando e attivando conversazioni, producendo e distribuendo contenuti, ascoltando le persone e dialogando con loro) delle leve, ovvero una strategia per migliorare i nostri risultati. Ulteriori opportunità che prima non avevamo.
Opportunità che chiaramente presuppongono un investimento per gestire una presenza aziendale attiva su Google Plus. Non so perché, però, la percezione di molti è quello che questa gestione abbia un costo spropositato, spesso non sostenibile.
Google Plus ha delle caratteristiche e funzionalità che agevolano la gestione di una presenza aziendale: la ricerca da una parte, cerchie, stream e notifiche dall’altra. Gestire la propria presenza in una community è dispendioso al pari di gestire una cerchia.
E per le aziende più grandi e strutturate offre opportunità incredibili. Anche l’integrazione con Google Apps nasconde ai più delle immense potenzialità. Con delle social media policy adeguate, per alcune aziende l’uso di Google Plus non dovrebbe mai essere sottovalutato. Se è chiaro che un freelance può trarre enormi vantaggi da Google Plus, deve essere chiaro che un’azienda può, con una strategia adeguata e puntuale, moltiplicare esponenzialmente quei vantaggi.
Capisco che si accosti Google Plus a Twitter. Entrambe, per esempio, consentono un dialogo (ed un ascolto) bidirezionale tra brand e persone. Ma perché parliamo di alternative? Dovremmo trovare la stessa audience, le stesse conversazioni, le stesse opportunità sulle due piattaforme per essere messi di fronte ad una scelta.
YouTube è un altro discorso. YouTube è Google Plus. Tanti Brand che hanno dei fantastici canali con video patinati e pubblicitari, spesso prodotti per la tv, non si rendono conto che hanno già una pagina Google Plus. Questi grandi brand, per il fatto di essere già brand con molta notorietà, non sanno che un investimento minimo (più basso di quello che fa il freelance, non scherzo) potrebbero ottenere da Google Plus anche più di quanto ottengono dal canale YouTube.
Paolo: voglio chiudere con una provocazione (anche perché penso che avremmo presto ulteriore occasione di parlare delle interessanti possibilità rispetto all’integrazione con Google Apps).
Durante la mia permanenza a San Francisco ho avuto il piacere di visitare gli uffici centrali di Google e la possibilità di stuzzicare il mio “cicerone” (ingegnere italiano dipendente di Google da qualche annetto) proprio a proposito di Google Plus.
Il suo atteggiamento e le sue parole mi hanno davvero colpito. Provo a sintetizzare al massimo quanto gli ho “strappato” (e qui ti devi fidare di me!): Google Plus non sarebbe altro che un tentativo fallito di battere Facebook sul suo stesso campo di battaglia, ossessione speciale di uno dei due vecchi fondatori.
Addirittura la pressione interna del management protesa allo spingere a tutti i costi la piattaforma, anche a discapito di altri “pezzi della suite”, sarebbe stata vissuta malissimo all’interno di Google stesso e soprattutto all’interno dei dipartimenti che hanno dovuto modificare in toto le piattaforme già esistenti (e ben funzionanti!) per farle integrare con il social layer (in primis parlo di Youtube).
La dirigenza poi si sarebbe accorta dell’errore clamoroso di prospettiva cercando di “metterci delle pezze” e di salvare il salvabile. Il tutto comunque sarebbe ancora oggi vissuto piuttosto male a Mountain View.
Che cosa ne pensa di tutta questa possibile storia una sostenitrice accanita delle potenzialità della piattaforma? Non pensi che in alcune integrazioni si sia un po’ “calcato la mano”, obbligando gli utenti a prendere delle strade non propriamente logiche e lineari?
Michaela: non solo mi fido di te, ma posso dirti che questa “fatica”, sia nell’implementazione che nella comunicazione del prodotto Google Plus, si è sempre percepita. Lo accennavo poco prima a proposito delle dichiarazioni di Besbris. La mancanza di una visione chiara e di uno sviluppo lineare penso l’abbiano percepita tutti quando hanno ritirato l’authorship, senza fornire una spiegazione plausibile.
L’integrazione con YouTube ha fatto rumore, ma quella di Local è stata una sofferenza. In questi anni (che presto saranno 4) di evoluzioni e involuzioni ne abbiamo viste tante.
Ho sempre pensato che il progetto Google Plus fosse necessario per Google ad acquisire dati di profilazione degli utenti. Dati necessari per arrivare all’obiettivo da sempre dichiarato e perseguito: restituire ad ogni utente il miglior risultato di ricerca possibile. Qui ricordo il mai decollato – in Italia – “plus my word” che poi si è tramutato, cambiando nome e scopo, in MyAnswers.
Oggi sembra che siamo arrivati ad una tregua. L’impressione è che Google abbia ottenuto da Google Plus, non tanto quello che voleva o pensava di volere, ma quello che gli serve. Ha costruito una piattaforma social che è una macchina da guerra, con delle funzionalità che Facebook non è ancora riuscito ad implementare.
La piattaforma è utile alle aziende e divertente per le persone. Ecco perché consiglio alle aziende di non farsi abbagliare da analisi e ricerche poco azzeccate (e lo dico dopo aver lavorato negli istituti di ricerca), ma di affidarsi ad analisi, dati e valutazioni approfondite e di indagare l’effettiva opportunità di investire in una presenza social su questa e su altre piattaforme.
Esorto tutti gli attori del mondo social (professionisti, consulenti ed aziende) a studiare meglio Google Plus perché, con strategie mirate, i risultati si possono ottenere senza investimenti faraonici. Basta andare al di là dei titoli ad effetto su improbabili statistiche, andare oltre il dito che indica la luna.
Qual è la vostra opinione rispetto a Google Plus? Lo state utilizzando nelle vostre strategie di Web Marketing o li ritenete superfluo? Condividete con noi, nei commenti al post, le vostre esperienze e le vostre opinioni a riguardo.
Michaela Matichecchia, che mi ha supportato e sopportato per questo esperimento, è consulente Web Marketing.
“Aiuto le aziende a promuoversi attraverso il web, studiando strategie di comunicazione digitale e condividendo competenze e conoscenze che acquisisco giorno dopo giorno, innovazione dopo innvazione. Ho ideato startconplus e sono docente Ninja Academy . Le mie competenze si sposano con quelle tecniche di Daniele Sibaud, con il quale ho dato vita ad un’agenzia web, tourtools.it, che fornisce alle aziende soluzioni, strumenti e strategie per la promozione e la comunicazione digitale“.
Michaela ha già scritto da queste parti ottimi articoli sull’argomento Google Plus che vi consiglio da leggere:
Come vengono distribuiti i post su Google Plus
Google Plus: come far funzionare correttamente una pagina che non funziona
Google Plus per le aziende: un caso concreto