communication-impossibleUn acquisto, anche online, non può prescindere dalla consapevolezza di avere un bisogno da colmare, dall’esistenza, conoscenza e disponibilità di un servizio/prodotto in grado di colmarlo, e dalla volontà e possibilità, tendenzialmente economica, di farlo.

Eppure qualche volta capita che, nonostante tutte queste condizioni siano soddisfatte, l’acquisto “salti” procurando danni sia per l’ex potenziale cliente sia per l’azienda.

I motivi sono vari e spesso imprevedibili eppure credo sia giusto non affidarsi totalmente al destino e cercare in qualche modo di anticiparli o comunque prepararsi a gestirli.

Un piccolo episodio accadutomi al rientro dalle ferie mi ha aperto gli occhi sulla questione. Lo riassumo schematicamente di seguito, senza tanti fronzoli. Poi ci si riflette su…

Dove: aeroporto di Nizza, terminal arrivi.

Quando: qualche giorno fa (fine Luglio) con condizione meteorologica di caldo afoso.

Bisogno (impellente) da soddisfare: dissetarmi.

Disponibilità di prodotti per soddisfare il bisogno: si, una serie di distributori automatici di bevande fresche, posizionati nel terminal all’interno di una zona apposita, con costi elevati ma ottime possibilità di selezione del prodotto desiderato.

Volontà e possibilità economica di acquistare: si.

Acquisto Effettuato: nessuno, nonostante ferma volontà di colmare il bisogno.

Cosa è successo: dopo aver, nell’ordine…

1) individuato la possibilità di colmare il bisogno (area distributori automatici)
2) denotato l’ampia disponibilità di prodotti e scelto quello prediletto (una lattina di te freddo)
3) deciso, non senza qualche remora, di acquistarlo nonostante un prezzo spropositato (non dimenticate la mia origine genovese!)

… sono tuttavia rimasto a bocca asciutta a causa del malfunzionamento di tutti i distributori dell’area (eccetto quelli delle bevande calde, a proposito di beffe!): non c’è stato verso di inserire nessuna tipologia di moneta e/o banconota che venisse accettata dalle macchinette. Qualsiasi cosa decidessi di immettere, mi veniva subito rispedita indietro nella bocchetta sottostante. Nessuna erogazione. Nada de nada. Né per me, né per chiunque altro (sono rimasto nei paraggi per almeno 10 minuti a “godermi” il ripetersi della scena).

Stato d’animo: (si può dire?) incazzato. Oltre che sempre più assetato.

Naturalmente, in tutto ciò, nessunissima segnalazione del guasto multiplo.

Problema tecnico! Cose che succedono! direte giustamente voi. E che c’entra tutto ciò con il percorso di conversione e sopratutto con la comunicazione online? aggiungerete magari anche un po’ spazientiti da tutta questa tiritera. E invece riflettiamoci su, concentrandoci sul Web…

La strada che compie un utente dal momento in cui entra in contatto con un servizio/prodotto (anche passivamente) fino a quando decide di compiere l’azione “massima”, ovvero comprarlo, è molto raramente semplice, breve e lineare (pensate al customer journey del sottoscritto nell’esempio, applicabile a buona parte degli acquisti di impulso!). Molto più spesso si tratta di un percorso lungo, tortuoso, pieno di passaggi non lineari, di andirivieni, di ripensamenti. E quindi sofferto.

Se, per esempio, sono stato “intercettato” attraverso contenuto di qualità distribuito magari tramite advertising su Facebook, sono approdato su un blog in cui ho approfondito le informazioni di cui avevo bisogno, ho cercato conferme sulla bontà del servizio/prodotto che soddisfaceva il mio “nuovo” bisogno su Google, ho deciso addirittura di compilare un form per chiedere un preventivo… non è per niente bello non ricevere più notizie dall’azienda e risposte alla mia richiesta. Eppure (mi) capita.

Se, per esempio, ho scelto un vestito dopo un attento studio del catalogo online di un marchio che mi ha colpito per la bellezze dei suoi capi d’abbigliamento, visti per la prima volta su uno stiloso banner dinamico, dopo aver individuato colori, taglie e formati e dopo essermi convinto che, nonostante un prezzo non proprio accessibilissimo, vale la pena comprare…. non è per niente bello “atterrare” su un carrello dell’ecommerce che non da segni di vita. Eppure (mi) capita.

Sedotto e abbandonato, mi verrebbe da dire.

E la “sofferenza” del percorso e del suo mancato compimento non può che essere direttamente proporzionale all’insofferenza che si genera nei confronti dell’azienda. A quel punto sarà molto difficile recuperare la mia fiducia (ed i miei soldi).

Morale della favola?

Gli errori umani ed i guasti tecnici esistono, e ci mancherebbe non fosse così. Eppure io, un paio di consigli alle aziende mi sento comunque di darli, che non si sa mai…

Prima del lancio di qualsiasi tipo di campagna promozionale controllare 10, 100, 1000 volte che quanto pensato strategicamente funzioni perfettamente a livello “tecnico”. Se c’è un ecommerce il carrello deve funzionare. Con tutti i browser. Se un prodotto è dichiarato disponibile lo devo poter acquistare. Se c’è scritto che posso pagare con Paypall, devo poter pagare con Paypall. Se c’è una landing page per raccogliere le richieste di contatto, ci dev’essere qualcuno (persona) che le controlla e che risponde in tempi accettabili, o qualcosa (macchina) che automaticamente manda quanto richiesto. E tutto ciò deve funzionare. Insomma, prima di spendere in comunicazione e pubblicità, si spenda per sistemare le modalità di distribuzione del prodotto.

Se qualcosa si guasta o qualcuno si sbaglia, tocca intervenire. Subito, non dopo 10 giorni. Fermare la pubblicità, attivarsi per comunicare il disservizio e rassicurare chi potrebbe incappare in questa situazione infelice. Se sono già stati fatto dei danni, scusarsi e cercare di recuperare il rapporto, anche con un risarcimento se necessario. Tenere le “orecchie” aperte perché spesso non si scopriranno direttamente eventuali malfunzionamenti ma saranno proprio i clienti (o quelli che stanno cercando di diventarlo!) a segnalarli. Se si sta sul pezzo, si sta tranquilli.

O dico male?

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