socialnetwork-utenti-aziende-equilibrioSiamo utenti. Ormai quasi tutti. E da utenti pretendiamo molto dai nostri social network, che poi sono gli ambienti in cui spendiamo la maggior parte della nostra vita da connessi.

Ma questo “molto” a che cosa corrisponde?

Secondo me (correggetemi se sbaglio, i commenti sotto al post servono a quello) pretendiamo che le piattaforme di social networking siano in primis gratuite. Non dite di no perché posso tranquillamente ricordarvi le sommosse popolari che si incendiano ogni qualvolta vanno rinnovati gli ottanta centesimi o giù di li all’anno per Whatsapp…

Poi ci preoccupiamo che funzionino “bene” e cioè che ci permettano di fare le cose che vogliamo fare, in un tempo accettabile e senza bisogno di consultare un manuale per farle: di solito scrivere ai nostri contatti (che ci devono essere, magari non tutti ma la maggior parte si!) pubblicare le nostre foto e i nostri video, commentare quelle degli altri e altre cose di questo tipo.

Poi sicuramente non vorremmo essere assediati da continue pubblicità, soprattutto quando si mettono nel mezzo tra noi e quello che desideriamo ardentemente fare (l’esempio migliore è la pubblicità su YouTube, che tutti odiamo, o sbaglio?). E anche quando non ci interrompono ma le abbiamo un po’ tra le scatole (sulla colonna destra di Facebook, al posto del primo post su Twitter o cose così) comunque ci danno l’idea che il nostro spazio venga in qualche modo invaso e ciò, anche giustamente, ci infastidisce.

Alcuni di noi, quelli più attenti a dir la verità, pretendono anche che i social network rispettino la nostra privacy, magari spiegando in maniera più semplice e trasparente quello che fanno con tutta quella marea di informazioni che più o (soprattutto) meno consapevolmente gli concediamo.

Semplificando al massimo, se un social network soddisfa in maniera abbastanza soddisfacente queste condizioni (e altre che ho solo sfiorato, come l’ “effetto tendenza”) probabilmente lo usiamo. Più ne soddisfa, più lo utilizziamo, meno ne soddisfa meno lo utilizziamo e tendiamo a sostituirlo con alternative che ci soddisfano di più. Se tanti di noi cominciano ad abbandonare un social network (pensate a MySpace) ecco che il social network si trova in difficoltà.

Perché un social network si trova in difficoltà quando ha pochi utenti?

Soffermiamoci un secondo su come guadagnano i social network, sul loro modello di business. I social network guadagnano, tranne rare eccezioni, grazie alla pubblicità che veicolano sulle proprie piattaforme e “mostrano” ai propri utenti. Banalmente, più utenti popolano il social network, più pubblicità possono somministrare le piattaforme. Meno utenti, meno pubblicità. Facile.

Questa pubblicità viene venduta dai social network alle aziende. Ed ecco introdotto il “terzo incomodo” del nostro triangolo.

Ma a quali condizioni un’azienda decide di pagare un social network, facendo in modo tra le altre cose che lo stesso possa avere una sua sostenibilità economica (essendo il social network, a sua volta, un’azienda e non una onlus, cosa che spesso tendiamo a dimenticare)?

Siamo utenti, ma molti di noi “sono” anche aziende e per rispondere a questa domanda, vi invito a tirare fuori il vostro lato aziendalista.

Un’azienda decide di pagare (la pubblicità ad) un social network se, all’interno della piattaforma, ci sono i suoi potenziali clienti, quantitativamente e qualitativamente (per questo vi rimando al capitolo sulla profilazione), se gli viene garantita una certa mole di visibilità su questi potenziali clienti (non solo ci devono essere ma devono leggere o almeno vedere quello che l’azienda vuole) e se, almeno le aziende più furbe, possono avere un accesso diretto e trasparente al rapporto costi/benefici rispetto a ciò che comprano (capitolo analytics, tracking e ROI).

Senza aziende i social network non possono dunque monetizzare, o dovrebbero trovare un’altra modalità di farlo (far pagare gli utenti è storicamente un’ipotesi difficile).

Senza utenti i social network non monetizzerebbero comunque. Perché le aziende investono la dove sono presenti gli utenti e se vanno via gli utenti, vanno via anche le aziende.

Utenti e aziende hanno però esigenze e bisogni completamente, o quasi, agli antipodi (capitolo bisogni): gli utenti non vogliono pubblicità, le aziende sono li spesso proprio perché hanno acquistato pubblicità; gli utenti non vogliono essere disturbati da messaggi aziendali, le aziende sono spesso li per distribuire contenuti aziendali; gli utenti tendenzialmente vogliono che i propri dati siano tutelati, le aziende vogliono (in realtà dovrebbero volere…) conoscere il più possibile i propri potenziali clienti (che poi cominciassero già da quelli che hanno!); gli utenti non vogliono essere amici di un’azienda, vogliono essere amici dei loro amici, le aziende tendono a proporsi in questa inconsueta “veste amichevole” e ciò genera inevitabilmente dubbi e sospetti.

In tutto ciò i social network, soprattutto quelli che vogliono continuare a sopravvivere, hanno chiaramente bisogno di entrambe queste componenti e stanno li a barcamenarsi sulla sottile e precaria linea dell’equilibrio tra forze che spingono in direzioni opposte (capitolo newsfeed di Facebook).

E quindi che si fa?

E che volete che si faccia… Si parte cercando di assimilare una volta per tutte queste dinamiche, ché utenti e aziende sono come “cani e gatti” sui social network ma quando il bisogno dei primi diventa obiettivo delle seconde (capitolo essenza del social media marketing) qualcosa di buono si può fare.

Ché troppo spesso queste dinamiche vengono ignorate anche dagli addetti ai lavori che fanno filtrare messaggi distorti a coloro i quali, anche giustamente, hanno altre cose nella vita da fare che pensare al triangolo tra social network, utenti e aziende.

Che purtroppo (o per fortuna?) non è il caso del sottoscritto.

fonte immagine in alto: https://www.flickr.com/photos/heap73/3194868988