La piattaforma pubblicitaria di Facebook è sulla bocca di tutti. Eppure non tutti riescono a sfruttarne le enormi potenzialità. Ho provato a “buttare giù” una breve sintesi delle cose più importanti da fare e da non fare per ovviare a questa criticità.
Tutto il mondo parla di Facebook Ads. Abbastanza facile capire le motivazioni di tanta attenzione:
- si tratta del canale di revenue (di gran lunga) principale del social network più diffuso al mondo (in due anni ha conquistato il 15% di tutto il mercato dell’advertising da mobile!).
- offre la possibilità di intercettare un numero di utenti maggiore rispetto a tutti i competitor (in Italia, per esempio se la gioca anche con Google!).
- garantisce le migliori possibilità di profilazione a disposizione sul mercato
- è aperta a tutti: bastano un account ed una carta di credito per cominciare ad utilizzarla (anche se sapete forse come la penso sul self advertising…).
- può rappresentare una soluzione all’unico grande problema di Facebook, l’overload informativo difficile da ordinare da parte degli algoritmi che si trovano a dover confrontare un mix letale di contenuti prodotti da utenti, pagine ed applicazioni. Questa situazione è poi chiaramente (in parte) responsabile della sempre più ridotta portata dei contenuti prodotti dalle pagine aziendali.
Nelle ultime settimane ho partecipato da docente ad un paio di giornate di formazione dedicate proprio alla pubblicità su Facebook. Per l’occasione, con l’obiettivo di lasciare qualcosa di tangibile, sintetico e subito applicabile, ho stilato due liste, una di “cose da fare” ed una di “cose da non fare”. Oggi le voglio condividere anche con voi, sottolineando un paio di aspetti che considero spesso sottovalutati.
Equilibrare la distribuzione di contenuto tra organico e sponsorizzato. Uno dei segreti di una presenza proficua su Facebook sta nell’equilibrio tra la produzione di contenuto distribuito “organicamente” ed a pagamento. In poche parole, è importante che i post che vengono spinti dalla pubblicità non effettuino una pressione troppo forte sui medesimi utenti. Due sono le metriche che possono fornirvi dati in merito: la frequenza (numero medio di volte che ogni utente ha visto il post/annuncio sponsorizzati) ed i feedback negativi (numero di volte in cui un utente ha reagito negativamente nei confronti di un contenuto della pagina, nascondendolo o addirittura segnalandolo come fastidioso). Tenetele d’occhio.
Profilazione: non è (sempre) così facile. Abbiamo già ampiamente sottolineato quanto Facebook Ads sia forte nella profilazione. Eppure non è sempre così facile profilare una categoria specifica. Pensate, per esempio, ai prodotti/servizi di “lusso”. Estremizzando il concetto, un utente che ha manifestato un interesse per una Ferrari (magari “mi piace” ad una delle pagine dedicate allo storico marchio di automobili) non è detto che possa permettersene l’acquisto. Come si profila quindi un utente che sia in grado di comprarsela sul serio una Ferrari? Secondo me, ingegnandosi nel trovare degli “status symbol laterali” che siano esclusivi di una determinata categoria di utenti. Sempre estremizzando, tutti sono interessati (con orgoglio) alla Ferrari, quanti alla Bugatti o alla Rolls-Royce e magari anche (contemporaneamente) al golf e all’alta finanza? Rifletteteci su.
Attenzione e professionalità sempre: l’advertising è una cosa seria. Questa è la regola numero uno, sempre e comunque.
Ecco di seguito i “miei” do’s ed ai don’ts…
Che ne dite? Mi sono dimenticato qualcosa? Attendo le vostre opinioni con curiosità.