Se siete in qualche modo coinvolti con il settore della Web Communication in Italia, probabilmente nel weekend appena trascorso vi sarete imbattuti, più o meno consapevolmente nella presentazione di Jobberone (la produzione di contenuto dall’evento è stata elevatissima soprattutto su strumenti come Twitter e Instagram!).

Il social network tutto italiano (rigorosamente bresciano!) si pone l’ambiziosissimo proposito di diventare un punto di riferimento nell‘incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, soprattutto per categorie professionali non direttamente coinvolte con il web (e nel posizionamento sta la grande differenza dal più celebre dei competitor, il gigante LinkedIn).

Dal momento che, fior fior di professionisti quali Tommaso Sorchiotti, Donato Carriero, Andrea Contino e Riccardo Bigi hanno già ampiamente sviscerato funzionamento, obiettivi e particolarità della piattaforma (e anche della nuova app) non voglio tediarvi ulteriormente ed essere ridondante.

Mi voglio invece limitare a qualche considerazione sulla strategia di lancio del progetto, che ha previsto il coinvolgimento di un bel numero (una ventina) tra blogger e professionisti italiani del settore.

Perché poteva non funzionare?

Perché poteva non essere la prima volta che un’azienda decideva di coinvolgere direttamente la blogosfera a scopo promozionale, utilizzando la cara vecchia formula del…

diversivo dell’evento + bombardamento di informazioni unidirezionali + preghiera di scriverci sopra qualche riga

… sempre soggetta a critiche e rovesci della medaglia.

Perché gli invitati costituivano un aggregato abbastanza poco prevedibile e non è così automatico che se offri una notte gratuita in albergo ad un blogger sei sicuro che scriverà di te (soprattutto se la tua piattaforma e il tuo approccio si dimostrano una schifezza!).

Perché il ritorno sull’investimento di un’iniziativa di questo tipo poteva non valere un dispendio di risorse tali da permettere agli invitati (+ accompagnatori!) di condurre una due giorni “senza esclusione di colpi” dal punto di vista delle qualità del servizio delle strutture e delle possibilità ricreative.

Perché ha funzionato?

Perché gli invitati sono stati messi completamente a loro agio con un’attenzione quasi maniacale per il dettaglio, senza mai essere minimamente “aggrediti” dal team della startup, sempre presente, mai invadente e per nulla assillato dal dover approfittare del momento per farsi pubblicità (a tal punto che un interessante alone di mistero ha circondato le prime fasi dell’evento!

Perché la comunicazione non è mai stata uniderezionale e il team di Jobberone non solo ha avuto il merito di invitare “menti brillanti”, ma soprattutto di starle ad ascoltarle (cosa davvero poco scontata), dimostrandosi disposto a mettersi in gioco e invitando tutti i presenti a fare lo stesso. In questo senso, la sessione di brainstorming a gruppi (ampiamente documentato negli articoli proposti in precedenza) è stato un vero colpo di genio anche in chiave promozione futura.

Perché la scelta specifica (molto ben curata direi) degli invitati ha (non credo per caso) mescolato professionisti che già si conoscevano personalmente con altri che hanno finalmente avuto la possibilità di “dare un volto ed una voce” a contatti e-pistolari solo professionali

Perché gli accompagnatori degli invitati (i cosiddetti “+1”, per utilizzare un simpatico acronimo caro a Domitilla Ferrari), hanno dato un tocco di eterogeneità ad un ambiente altrimenti troppo “monotematico”, arricchendo le discussioni e fornendo un contributo decisivo nelle dinamiche di gruppo.

Perché i fondatori e finanziatori della start-up (Patrick e Oliver Mayr, per la cronaca) sono operanti nel settore turistico da tre generazioni e sicuramente non hanno nulla da imparare sul come si trattano gli ospiti. Il fatto che abbiano utilizzato naturalmente le proprie strutture (Grand Hotel Fasano, su tutte) con grande trasparenza gli ha permesso di “unire due piccioni con una fava”: recensioni positive e autorevoli per l’ottima qualità dell’hotel (e quasi tutti conosciamo lo spauracchio Tripadvisor per il settore!) e costo “ridotto” per l’evento.

E Jobberone?

Prima dell’evento avevo manifestato alcune perplessità, riguardanti soprattutto l’ipotetico business model, il valore aggiunto rispetto ai competitor, e le criticità legate alla situazione italiana.

Per quanto riguarda il business, il modello di annunci di domanda e offerta professionale totalmente gratuita con previsioni di guadagno (solo) dalla pubblicità, attraverso una profilazione estremamente capillare su segmenti difficilmente raggiungibili da altre forme di advertising online (soprattutto B2B piccole e medie imprese) non mi convince del tutto.

Tuttavia è giusto dire che la solidità dei fondatori ed il fatto che la start-up non sia contraddistinta da un opprimente bisogno di guadagnare a tutti i costi fin da subito, potrebbero costituire un valore aggiunto nel consentirne uno sviluppo a lungo termine.

Altro punto che mi premeva valutare  riguardava il valore aggiunto rispetto alle tante piattaforme più o meno analoghe in circolazione. Da questo punto di vista Jobberone sembra poter ritagliarsi il suo spazio in un segmento “nuovo” del mercato del lavoro, figlio della situazione economica attuale: quello del secondo lavoro, del lavoro stagionale, del lavoro della massacritica, agli antipodi della community dirigenziale che domina LinkedIn.

E qui le criticità stanno nel grado di consapevolezza di questo target specifico nei confronti delle possibilità del Web e nelle capacità del social network di proporre delle modalità di costruzione di una community pronta ad interagire con meccanismi di mutua assistenza in un settore difficile, ben lontano dall’enterteinment del “like”.

Trovo poi interessante che ci sia oggi in Italia (e qui veniamo alla terza criticità), chi si approccia al mondo dell’innovazione in maniera costruttiva, investendo capitali con obiettivi ambiziosi a lungo termine. Diciamo che non sarà più l’epoca dei “miracoli in garage” ma si tratta comunque di una strada che (onesta opinione personale) andrebbe percorsa con più assiduità e convinzione dall’imprenditoria nazionale. Ma qui mi fermo perché non ho le competenze per andare oltre.