E così è arrivata la social search di Google. Non è che sia proprio una novità, visto che ne abbiamo avuto un assaggio per qualche tempo grazie all’accordo che Google strinse con Twitter, finito poi non benissimo … (anzi direi proprio male, visti gli ultimi cinguettii  a dir poco affilati di Twitter).

Dal momento che da più parti mi è stato chiesto un parere, ho deciso di condividere la mia opinione qui, di getto, istintivamente come al solito, sotto forma di brevi riflessioni:

  • siamo finalmente dinnanzi al completamento di un progetto che ha terribilmente assillato Google negli ultimi anni. E’ un pò che si percepisce questo stato tormentato di Big G, quasi come se il conflitto con Facebook gli avesse fatto perdere la sua tipica aplomb e portato a compiere una serie di errori di valutazione. Hanno voluto il social layer a tutti i costi? E ora ce l’hanno (in realtà il suo funzionamento dipende inevitabilmente dal successo di massa critica di G+… Un social layer senza utenti è molto poco social!)
  • come in molti hanno scritto, l’accoppiata Google – G+ non è altro che una risposta bella e buona al binomio Bing – Facebook, che negli USA stava cominciando a rosicchiare quote. Interessante, in questo senso, il parere del Tagliaerbe che ravvede nelle due accoppiate un risultato simile passando per due strategie opposte: se il + di Google (scusate l’inevitabile gioco di parole) è stato quello di aggiungere al motore di ricerca uno strato sociale, il completamento di Facebook potrebbe essere quello di aggiungere uno strato di ricerca (grazie a Bing) all’Open Graph… E la direzione sembra quella. Forse si risolverà una volta per tutte la battaglia tra “l’algoritmo e il grafo”…
  •  ci sono una serie di sensazioni non positive che mi balenano in testa, fin dal momento dell’annuncio di Google. La prima è legata ad un’idea di perdita della neutralità di Google che, sebbene azienda privata, con obiettivi e scopi ben precisi, ha costruito su questa illusione il suo grande successo. Non credo che gli utenti siano disposti a tollerare a lungo lo strapotere monopolistico di “chi potrebbe farti vedere solo ciò che vuole farti vedere”. La seconda è contraddistinta dalla paura  della “filter bubble” concetto di Eli Parisier che si focalizza sulla perdita definitiva della serendipità e sul chiudersi del web in tanti compartimenti stagni personalizzati che può nascondere gravi minacce di controllo sociale.
  • altra cosa che mi lascia un pò perplesso è la totale mancanza di semantica. Io che ho sempre pensato al Web Semantico come alla soluzione definitiva per il raggiungimento di pertinenza e qualità nella ricerca, e reputavo Google l’unico in grado di massificare questa rivoluzione (che da troppi anni è un “colpo in canna” che continua ad essere rimandato, nonostante le applicazioni semantiche spopolino, vedi Siri) resto deluso dinnanzi a quella che sembra un’esclusione dagli “ingredienti della ricetta”. Ma su questo prometto di approfondire maggiormente.

A questo punto lascio a voi la parola. Che ne dite?

UPDATE: per un approfondimento sulla questione dei “beni comuni in internet”, molto relazionata con l’argomento social search, vi invito caldamente a leggere questo ottimo articolo di Luca De Biase, con cui mi sento di concordare in pieno.