13959237010_1b98d77dfc_hIl buon Giuliano Ambrosio, in questi giorni, ha posto a 15 professionisti italiani del settore Digital Marketing (tra cui il sottoscritto) la domanda “Quanto vale oggi per un brand avere 1 Milione di Fan su Facebook?“, raccogliendo poi le risposte in un articolo ricco di spunti.

Di seguito la mia…

La tua domanda mi porta subito a farmi un’altra serie di domande ad essa strettamente collegate: qual è il valore di un FAN su Facebook? Ma soprattutto che percorso hanno effettuato le persone per diventare FAN della tua pagina? Per quale motivo lo hanno fatto? Aspettandosi che cosa in cambio? E ancora… che correlazione c’è tra i tuoi FAN ed i tuoi clienti? Le persone sono diventate prima clienti o prima fan della tua pagina?

Dietro le risposte a queste domande (su cui ho riflettuto in un post di qualche tempo fa: “Da (non) fan a cliente: percorsi di conversione su Facebook” anticipando di mesi temi oggi alla ribalta) c’è anche la risposta alla domanda che mi hai posto all’inizio e che fatta così a “brucia pelo” ha un valore del tutto relativo, come relativa può essere la risposta.

Provo a spiegare meglio ciò che penso.

1 milione di fan possono valere molto poco o addirittura nulla se:

  • hai acquistato i “like” al chilo;
  • i “like” sono frutto di campagne non profilate;
  • le campagne con obiettivo “fan base” hanno il solo scopo di ottenere fan al prezzo minore possibile con “tecniche acchiappa click”.

Al contrario lo stesso milione di fan può avere un valore enorme se:

  • la fan base è frutto di campagne estremamente profilate;
  • la fan base non è frutto esclusivo di campagne di couponing;
  • la strategia adottata su Facebook è quella che io chiamo della “doppia via”. Ovvero da un lato campagne dirette alla conversione sul breve periodo, evitando il passaggio dalla pagina Facebook, e dall’altro campagne che spingono contenuto non necessariamente commerciale della pagina Facebook e che mirano ad una conversione di lungo periodo.

In conclusione, se mi chiedi ha senso oggi investire su Facebook per ottenere dei fan? Ti dico che lo ha, solo ed esclusivamente, se questo investimento è integrato in una strategia ben precisa che ha obiettivi “pesanti” quali l’acquisizione di nuovi clienti o la fidelizzazione di quelli che già si hanno.

 

La tesi sostenuta da Giuliano nell’articolo tuttavia va oltre, basandosi su un percorso piuttosto logico che si può riassumere nei seguenti punti:

  1. Facebook una volta permetteva alle aziende di distribuire gratuitamente i propri contenuti con un buon ritorno in termini di visibilità e di passaparola organico (earned media). Tutti si era felici e contenti.
  2. Da questo punto di vista però la situazione è andata progressivamente mutando (in peggio) e Facebook si è di fatto trasformato in un paid media: se non paghi per distribuire i tuoi contenuti rimani invisibile. Anche sui tuoi stessi fan, accumulati magari a fatica, magari con campagne pubblicitarie all’interno della piattaforma. Tragedia.
  3. In questa situazione non ha più senso pensare a Facebook come la prima scelta, o addirittura l’unica, per sviluppare la propria comunicazione social ed adibirlo a luogo di possibile relazione con i propri clienti attuali e potenziali. Si salvi chi può.

Si sta quindi sostenendo non solo che l’investimento nella costruzione di una fan base sia oggi sostanzialmente inutile per un’azienda ma anche che sia giunto il momento di guardarsi intorno per trovare un’alternativa a Facebook.

 

Ed è proprio su questo che voglio integrare il mio parere ed argomentarlo.

Facebook inteso come piattaforma di distribuzione dei contenuti a pagamento (e quindi nella peggiore accezione di paid media!) non ha eguali dal punto di vista delle possibilità di profilazione. Si tratta dello strumento che ci conosce meglio (c’è chi dice anche meglio dei nostri parenti!) perché ha a disposizione il maggior numero di informazioni sul nostro conto. Stiamo parlando d’altronde del luogo in cui trascorriamo la maggior parte del tempo online. Ed i suoi competitor più insidiosi in questo senso (Whatsapp e Instagram su tutti!) rappresentano un’altra faccia della medesima medaglia. Se poi vogliamo soffermarci solo ed esclusivamente sulla relazione e non sulla distribuzione rispondiamo a questa domanda: “dove vanno a cercarci i nostri clienti quando hanno bisogno di dirci qualcosa velocemente, magari dopo che non sono riusciti a parlarci al telefono e/o non abbiamo risposto alle loro email?”. Ed è meglio che ci trovino.

Diciamocela tutta: in Italia le alternative non ci sono. La totalità degli italiani connessi alla rete ha un profilo su Facebook. La quasi totalità usa Facebook quotidianamente. Il gigante blu non solo si è fagocitato il tempo che prima distribuivamo tra le varie piattaforme di social networking ma sta occupando sempre di più quello che dedicavamo ad altro (il newsfeed ha praticamente ucciso i feed reader, fidatevi di me!). E gli altri? Twitter è piattaforma indispensabile di PR e customer care, impossibile da non tenere in considerazione, ma con una sostenibilità spesso al limite a causa dell’enorme dispendio di energie per presidiarla. Youtube da solo non può tenere, Pinterest ha un impatto minimo, di Instagram abbiamo già detto, le community “aziendali” non sono più di appeal (lo sono mai state?) e così via… Sia in fase di acquisizione mirata (anche solo verso le proprie presenze online) sia in fase di fidelizzazione è a mio parere molto difficile (e forse rischioso) pensare in questo momento storico di fare a meno di Facebook. Ed in fin dei conti, oggi, risulta paradossalmente meno dispendioso spendere in Facebook che spendere per sostituire Facebook.

La piattaforma è diventata “seria” ed offre oggi possibilità (di conversione) che altri non offrono. Mi riferisco soprattutto a tre aspetti:

  • il proliferare di nuovi formati pubblicitari molto interessanti sia per il mobile (dove la display ha le ore contate!) sia per tutto ciò che riguarda l’ecommerce e la vendita di prodotti online (in questo senso i Multi-Product Ads sono una bomba!);
  • la sempre maggiore integrazione con gli strumenti di proprietà dell’azienda. In questo senso penso soprattutto alle possibilità di integrazione con i siti ed i database aziendali che possono sfociare in attività di retargeting ma anche in attività meno stressanti per l’audience (mai sentito parlare di lookalike audience?);
  • la possibilità di avere a disposizione una mole di dati davvero succulenti per quanto riguarda il triangolo persone-abitudini/interessi-mercati. Sto pensando agli Audience Insights ed ai nuovissimi Topic Data.

 

Detto questo, è chiaro poi che mai e poi mai oserei concentrare le attività di digital marketing di un’azienda solo ed esclusivamente su Facebook (sarebbe un suicidio ed è per questo che una percentuale dell’investimento deve essere dedicata sempre e comunque alla formazione nei confronti di nuovi possibili strumenti e canali!), come voglio sottolineare il fatto che la dipendenza da advertising è un grosso rischio che si stanno prendendo  molte aziende che pensano alle piattaforme solo ed esclusivamente in ottica pubblicitaria  (e che somiglia alla dipendenza degli hotel da Booking, tanto per capirci…).

Il mix è quello che premia, perché consente di non essere dipendenti da qualcosa nello specifico. Eppure per me, oggi in Italia, Facebook è parte integrante indispensabile di questo mix.

Oggi.

Domani chissà.

 

p.s. giovedì prossimo 19/03, nella nuova tappa di Dieci Cose a Torino, parlerò anche di queste cose. Se siete interessati all’argomento, con #scontopaolo risparmiate anche qualche Euro, che non fa mai male (detto da un genovese ha più valore!)… 🙂

 

Fonte immagine in alto: https://www.flickr.com/photos/91269585@N04 con licenza CC BY 2.0